Nonostante il film di Martin Scorsese, “Killers of the Flower Moon”, non abbia ricevuto premi Oscar nel marzo 2024, rimane di indubbio interesse storico. La pellicola, basata su un libro del 2018, racconta l’epopea di una tribù di nativi americani, gli Osage, arricchitasi improvvisamente grazie alla scoperta del petrolio sui propri terreni, e una delle prime indagini del nascente FBI.

Nel 1908, l’invenzione del telefono, del telegrafo e della ferrovia avevano unito gli Stati Uniti, trasformandoli in una potenza mondiale grazie al boom economico e alle vittorie militari. Tuttavia, la rapida urbanizzazione e le tensioni etniche crescenti alimentavano la criminalità, con figure come Al Capone e John Dillinger che iniziavano a emergere. La polizia locale, spesso mal addestrata e sottopagata, non era all’altezza del compito, mentre le agenzie federali erano poche e scarsamente equipaggiate.

Charles Joseph Bonaparte, nominato procuratore generale dal presidente Roosevelt nel 1906, trovò insoddisfacente la mancanza di una squadra di investigatori adeguata. Nel 1908, creò quindi un nucleo investigativo con 34 agenti, che divenne l’anno seguente il Bureau of Investigation, l’antenato dell’FBI.

Nei primi anni, il Bureau si occupava principalmente di crimini dei colletti bianchi e diritti civili, oltre a questioni di sicurezza nazionale. Durante la Prima Guerra Mondiale, l’ufficio si espanse notevolmente e assunse un ruolo chiave nella lotta allo spionaggio e al sabotaggio.

Nel maggio 1921, nella contea di Osage, Oklahoma, fu trovato il cadavere di Anna Brown, una nativa americana Osage, con una ferita da arma da fuoco alla testa. La sua morte fu solo l’inizio di una serie di omicidi che coinvolsero diversi membri della ricca tribù, i quali avevano acquisito ingenti ricchezze grazie ai proventi petroliferi. Le autorità locali fallirono nel risolvere i casi, costringendo la comunità Osage a rivolgersi al Bureau of Investigation.

J. Edgar Hoover, recentemente nominato direttore dell’agenzia, assegnò il caso a Tom White, un ex Texas Ranger. La squadra operò sotto copertura, guadagnandosi la fiducia degli Osage e raccogliendo prove contro William Hale, un potente allevatore locale, e suo nipote Ernest Burkhart, sospettati di orchestrare gli omicidi per ereditare i diritti petroliferi.

Nel 1929, Hale fu condannato all’ergastolo, ma ottenne la libertà vigilata nel 1947, mentre Burkhart, condannato per l’omicidio delle sorelle della moglie, fu graziato nel 1966. Gli omicidi nella Nazione Osage sono ancora oggetto di dibattito tra gli storici, con stime che variano fino a cento vittime. La vicenda rappresenta solo uno dei molti episodi criminali che hanno caratterizzato quella terra, e che il film di Scorsese ha contribuito a portare all’attenzione del grande pubblico.